Ginkgo Biloba


fossile vivente (250 milioni di anni fa)
bis e lobus = foglie divise in due lobi, a forma di ventaglio
gingko biloba
Origine: Cina
Famiglia: Ginkgoaceae

Ginkgo biloba (L., 1771) è una pianta, unica specie ancora sopravvissuta della famiglia.
È un albero antichissimo le cui origini risalgono a 250 milioni di anni fa nel Permiano e per questo è considerato un fossile vivente. È una specie relitta.
Appartiene alle Gimnosperme: i semi non sono protetti dall'ovario. Le strutture a forma di albicocca che sono prodotte dagli esemplari femminili non sono frutti, ma semi ricoperti da un involucro carnoso.
Il nome Ginkgo deriva probabilmente da un'erronea trascrizione del botanico tedesco Engelbert Kaempfer del nome giapponese ginkyō, derivante a sua volta da quello cinese "yin-kuo" (yín «argento» e , xìng «albicocca»; yínxìng, «albicocca d'argento»). Questo nome è stato attribuito alla specie dal famoso botanico Carlo Linneo nel 1771 all'atto della sua prima pubblicazione botanica ove mantenne quell'erronea trascrizione del nome originale. Il nome della specie (biloba) deriva invece dal latino 
La Ginkgo è una gimnosperma e per questo non presenta dei fiori come abitualmente li intendiamo. Le Gimnosperme non hanno fiori, ma portano delle strutture definite coni o strobili o, come in questo caso squame modificate. I coni da un punto di vista funzionale possono essere considerare simili a dei fiori per omologia. È una pianta dioica, cioè che porta strutture fertili maschili e femminili separate su piante diverse. Negli strobili maschili i microsporangi sono portati a coppie su microsporofilli, disposti a spirale su un asse allungato. L'impollinazione è anemofila.
La pianta è originaria della Cina, nella quale sono stati rinvenuti fossili che risalgono all'era paleozoica. La pianta è stata ritenuta estinta per secoli, ma recentemente ne sono state scoperte almeno due stazioni relitte nella provincia dello Zhejiang nella Cina orientale. Non tutti i botanici concordano però sul fatto che queste stazioni siano davvero spontanee, perché la Ginkgo è stata estesamente coltivata per millenni dai monaci cinesi.
È una specie eliofila che preferisce una posizione soleggiata e un clima fresco. Non è particolarmente esigente quanto a tipo di terreno anche se vegeta meglio in terreni acidi e non asfittici. È una pianta che sopporta le basse temperature: è stato dimostrato che non subisce danni anche a -35 °C. La moltiplicazione avviene generalmente per margotta. È preferibile coltivare gli individui maschili per evitare lo sgradevole odore dei semi; tuttavia il sesso della specie è difficilmente riconoscibile in quanto la pianta non presenta caratteri sessuali secondari affidabili. Le piante mal sopportano la potatura: i rami accorciati seccano.
Il primo Ginkgo biloba importato in Italia, nel 1750, si trova nell'Orto Botanico di Padova (Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO). È un esemplare maschile maestoso su cui, verso la metà dell'Ottocento, fu innestato a scopo didattico un ramo femminile.
La pianta si riproduce per seme o per talee semilegnose prelevate durante l'estate.
  • Molto utilizzata come pianta ornamentale in parchi, viali e giardini grazie alla notevole resistenza agli agenti inquinanti non solo delle metropoli più inquinate, ma anche in cittadine più piccole. Viene inoltre usata anche per creare cortine frangivento.
  • Diffuso il suo utilizzo per farne bonsai.
  • Viene coltivata industrialmente in Europa, Giappone, Corea e Stati Uniti per l'utilizzo medicinale delle sue foglie.
  • Il legno giallastro viene usato per la costruzione di mobili, lavori di tornio e intaglio, è però di bassa qualità data la sua fragilità.
  • La parte interna legnosa dei semi viene utilizzata come cibo prelibato in Asia e fa parte della tradizione culinaria cinese. Viene commercializzato sotto il nome di "White Nuts". In Giappone i semi di Ginkgo vengono aggiunti a molti piatti, per esempio il chawanmushi, e utilizzati come contorno.
  • Le foglie di Ginkgo biloba contengono terpeni, polifenoli, flavonoidi (ginketolo, isiginketolo, bilabetolo, ginkolide).
  • L'ipotesi che i suddetti principi attivi abbiano un'azione sulle funzioni cerebrovascolari e sui disturbi della memoria, tali da suggerirne l'uso nella malattia di Alzheimer non è suffragata da convincenti evidenze scientifiche.
  • Il ginkolide B è ritenuto un antagonista del PAF (platelet activating factor), mediatore intracellulare implicato nei processi di aggregazione piastrinica, formazione del trombo, reazioni infiammatorie (iperattività bronchiale).
  • Con le sue foglie è possibile cercare di migliorare la circolazione di sangue, sia a livello periferico sia cerebrale, apportando quindi un certo beneficio alla fragilità capillare e contrastando le varici.
  • Le foglie attuano un'azione di regolazione sulla circolazione e di opposizione ai radicali liberi rallentando i fenomeni di ossidazione, e proprio grazie a questa azione si contrastano gli effetti dello stress fisico e mentale.
  • I gingkolidi prevengono il danno metabolico causato da ischemia cerebrale e riducono gli infarti causati da occlusione vasale. Il Bilobalide, più che il gingkolide B, esercita un potente effetto protettivo nei confronti del danno ischemico. Chiaramente,le proprietà antiossidanti e neuroprotettive del gingko sono importanti nei casi di ipossia, ischemia e danno neuronale. 
  • In cosmetica viene utilizzato, applicato a livello topico, per ripristinare il giusto equilibrio lipidico nelle pelli secche e screpolate.
  • Sei esemplari di Ginkgo, ancora esistenti, sono sopravvissuti alle radiazioni prodotte dalla bomba atomica caduta sulla città di Hiroshima.
  • Il Ginkgo biloba è il simbolo della città di Tokyo, capitale del Giappone.

Nell'antichità il Ginkgo venne considerato nel primo importante erbario cinese una sostanza benefica per il cuore e i polmoni; i medici lo utilizzavano per curare l'asma, i geloni e le tumefazioni causate dal freddo; i monaci buddisti lo piantavano accanto al tè, gli antichi cinesi e giapponesi consumavano i semi tostati come rimedio digestivo; i guaritori indiani ayurvedici lo associavano alla longevità usandolo come ingrediente del "soma", l'elisir di lunga vita. L'albero è stato introdotto in Europa nel 1730.



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